sabato 27 dicembre 2008

scintille

è gelida, stamane, la città. uno strato di ghiaccio sottile sottilissimo. riempie i solchi microscopici dell'asfalto, fa sembrare tutto fragile. tutto scintilla. anche quello che di solito non scintilla, oggi scintilla: i muri, gli sputi, per dire, le pisciate dei cani. tutto scintilla. i rami degli alberi, neri contro il cielo così blu da sembrare caldo. l'erba. la neve è rimasta farinosa come appena posata, nonostante sia caduta già ieri l'altro. nonostante la notte, nonostante il vento e il sole, e il tempo. e il sole. 
solo la magnolia non scintilla. è lucida si, ma non scintilla. non un cucchiaio di neve si è fermato sulle sue foglie dure. sembra atterrata lì stanotte da un posto lontano. i tassi che affondano da sempre le loro radici nella terra del giardino trattengono tra i loro aghetti piccoli cumuli di neve. il giardino ha quell'aspetto solenne che ha solo le domeniche mattina, quando è troppo presto per qualunque cosa. e lei è lì, altissima, altera, intoccata, con le sue foglie che sembran di plastica lucida, impavida, sprezzante, sicura.  

venerdì 26 dicembre 2008

urla

stanotte, alle 2:38, tirava un vento...un vento che urlava come le streghe. un vento arrabbiato che sbatteva con odio gli scuri delle finestre.

domenica 21 dicembre 2008

strappi

affascinante e semplice.
dice *bella* dice, *cara* e *tesoro* e tu ti senti protetta. e ci credi. 
non lo vedrò più. non ricorderò il suono della sua voce.

tutte le cose della mia vita sono strappi.

sabato 20 dicembre 2008

kebab

sabato ho mangiato un panino col kebab, quelli arrotolati che sembran piadine. 
lo strumento che usano per togliere la carne dallo spiedo, man mano che cuoce o che serve, è lo stesso che si usa per tosare le pecore.

martedì 16 dicembre 2008

nostalgia

ero partita prevenuta. la mia città è il posto più bello del mondo, pensavo. la dolcezza del tornare a casa, per questo si parte, pensavo. invece ho pianto fino a firenze. due ore di lacrime e singhiozzi. e a firenze volevo andare via. perchè la mattina che son partita Roma si è messa l'abito bello delle feste, del sabato. ha riempito il suo cielo profondo di nuvole spruzzate e mosse come le onde del mare lontano. ha inondato i suoi tetti romantici  di un sole lucente come i bagliori del bronzo, liquido colava lungo le facciate delle case, sui balconi pieni di fiori e di antenne. sui capitelli, sulle ombre morbide delle colonne nelle fosse profonde delle sue strade strane fluide flessuose lunghe. 
e la gente è bella. è tanta e non ha fretta e ti guarda mentre parli e saluta e sorride e ha voglia di parlare. e la sensazione che ti da è di essere a casa.