si è schiacciato due falangi nella macchina di formatura. si è portato via l'unghia dell'indice: strappata e pendente giace a pancia in su come un pesce morto a galla. bianca.
il medio è capitozzato. una barretta bianca appoggiata un po' storta in mezzo alla ferita. ha la forma delle forchettine dei datteri, quelle di plastica color avorio, che stanno in mezzo ai frutti appiccicosi, per non sporcarsi le dita quando li si mangia.
c'è poco sangue. lui sente male, muove le gambe in fretta è pallido. dobbiamo soccorrerlo, aiutarlo, fargli credere che non è grave. qualcuno dice di non chiamare l'ambulanza, di rimandarla indietro. qualcun'altro dice che ha dovuto togliere i resti dalla macchina per farla ripartire. intanto cerchiamo il ghiaccio e ci sforziamo di farlo star sveglio. perchè? non so, ma il coordinatore dell'emergenza dice che deve stare sveglio. l'ambulanza arriva dopo piu di mezzora: dopo che l'abbiamo fatta ritornare indietro non ci ha presi molto sul serio.
io piango. la colpa me la sento sulle spalle come una massa appiccicosa. non ho fatto altro che dire di chiudere quelle macchine maledette. che avrebbe portato solo vantaggi: gli organi in moto segregati, il rumore ridotto, olio e acqua contenuti, la pulizia del suolo, la pulizia del pezzo .... niente. non sono mai stata presa sul serio.
forse non è la colpa -questa cosa che sento- ma l'imminenza del giudizio. perchè non ho mai piu scritto niente. dopo il 1997 quando avevo inondato la scrivania di mio papà di lettere in cui gli dicevo cosa bisognava fare per essere a norma di legge della sicurezza e lui mi accusò che stavo lavorando per la concorrenza perchè tutto quello scritto era un'autodenuncia, e mi minacciò che mi avrebbe mandata via se non avessi smesso, ho smesso. ho il lavoro ma non è solo.
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