giovedì 25 giugno 2009

santa vittoria

io ho nel cuore una casa nelle langhe della provincia granda, una casa che potranno abbattere e ricostruire e abbellire e modificare e sviscerare e proteggere e rifare e addomesticare, ma nel mio cuore quella casa non andrà mai via. ha fondazioni solide di tufo odoroso e radici di nocciolo, flessibili. ha odore di minestra e di frittelle di fiori di zucca, e di quella polvere bianca che ricopre i muri di campagna quando non ci vai per un po' di umido e fresco, quando fuori il sole è così feroce che fa tremare l'aria sopra la strada e anche le acacie stanno molli molli con le fogliette tonde tutte pendule e flosce. ha le persiane di un blu nato per caso, e i vetri della porta rotti, e la zanzariera alla porta per poter lasciare aperto a tutti fuorchè le mosche, chiusa da un chiavistellino di ferro che sa di romanzo, di passato, di nostalgia. ci torno spesso in quella casa, fresca e mangiata dalle ragnà, che devo farmi coraggio e non guardare su, per andar oltre la porta. e anche l'orto vado spesso a calpestare, con il pergolato di uva rosa dai chicchi duri che sembrano sempre acerbi, e la rosa bianca solitaria e orgogliosa e, poco oltre, il cespuglio immenso dei rosmarini di principina, i rosmarini che solo il nostro amore ha fatto radicare e crescere e che a toccarli con le mani lasciano il profumo del mare sulle dita. e vado poi in mezzo ai pomodori dalle foglie profumatissime e pungenti, e le carote e i fiori gialli di ciapinabò, e le zucchine immense con le spine ovunque. e sul sentiero poi, l' albero di albicocche che la neve aveva spaccato in due a toccare la bolla di resina che gli cresceva nel mezzo. al fuggire di un gatto tra le piante di fragole e l'erba cerea, il susino generoso, a raccogliere i frutti appena quando cascavano, altrimenti eran dolori sradicare i susini appena germogliati, ché han la radice lunga, un ramasin una pianta diceva lo zio. e i due cachi imperiali, spogli antichi e ridenti di frutti dolcissimi succosi pieni di api.
ma io non voglio stare da sola nella mi a casa con il patio con la panca fatta di assi e basta. il mio patio è fatto per trovarsi la sera, quando rinfresca con le sedie tutte diverse che ciascuno porta la sua dalla cucina a parlare e giocare a scala quaranta e guardare le lucciole e sentire l'odore del ceppo che brucia e gustarsi il tepore del golfino sulle spalle e le grida dei topini che corrono nella campagna. e si parla piano non so perchè come se potessimo dar noia a qualcuno, che poi non c'è nessuno oltre a noi. così mi piace, che si fa il giro del castello abbracciati per non dire di aver paura in quella strada senza lampioni con i rami che sembrano mani. e la mattina dopo poi tutto è passato e ci si prende e ci si butta nel fiume per il solo gusto di aversi tra le dita, ma la sera, la sera di settembre è bella. vorrei che fosse sempre sera di settembre, quando fa persin piacere pensare di tornare a scuola, di tornare a casa, ma ci si sente già un po' soli, senza i gatti, i maggiolini, i topini di campagna. quando infilarsi sotto le lenzuola e tirar su il copriletto è come l'abbraccio di un amico.

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